Rover

Compagnia FIS al Roverway 2018: eravamo invincibili!

“Roverway?!! Si è vero il prossimo anno c’è il Roverway in Olanda!”

Sobbalzai sulla sedia; in passato avevo già avuto la fortuna di partecipare ad un evento scout internazionale e di essere travolto dalla sua potenza coinvolgente!
Ne parlai con la mia compagnia ma purtroppo non riuscì a seguirmi in quest’avventura… quindi non mi rimaneva che una cosa da fare: buttarmi a capofitto e assorbire più esperienze possibili per poi, una volta tornato, cercare di far vivere anche agli altri una parte di questo viaggio.

La Federazione Italiana dello Scoutismo (FIS) quest’anno fece un esperimento, creando delle compagnie FIS ovvero miste tra le 2 associazioni: con metà ragazzi del CNGEI e metà ragazzi AGESCI: l’idea di potermi confrontare con scout “diversi” mi incuriosiva molto così decisi di farne parte.
L’Italia poteva quindi vantare 4 patrol FIS: 13 partecipanti CNGEI e 26 AGESCI.

Da Reggio Emilia partimmo in tre, e chiedemmo esplicitamente di poter essere messi in compagnie diverse, perché volevamo vivere quest’avventura fino in fondo, senza la più piccola distrazione!

Si parte per Roverway 2018

E così dopo 11 mesi e due campetti di incontro e formazione eravamo in aeroporto a Bologna, pronti per partire, alle 22.30, quando il nostro aereo partiva alle 6.00 di mattina… bene!

Non furono tanto le luci al neon dell’aeroporto a tenerci svegli tutta la notte, quanto l’eccitazione! Eccitazione che maledimmo quando, 11 ore più tardi, ci ritrovammo a l’Aia, seduti nel centro di un parcheggio, sotto un Sole cocente e con una notte da recuperare. Ma bastò vedere il primo foulard straniero che subito ci riattivammo come cavallette e in un attimo le energie tornarono.  

I 2 giorni seguenti li avremmo passati tutti insieme sulla spiaggia e riuscimmo a fare una tale indigestione di sabbia, che per almeno 10 anni non ne vogliamo sentir parlare.

Per fortuna , almeno la prima sera, si concluse con un’emozionante cerimonia di apertura, svolta durante il tramonto sul mare, per quell’occasione recitammo tutti insieme la promessa ( che è uguale in tutto il mondo) ogni paese nella sua lingua contemporaneamente e fu un momento indescrivibile.

Le path in Hike

Da lì in poi il campo continuò così: le patrol furono raggruppate in insiemi chiamati Path (per un totale di circa 70), ogni Path intraprese un hike di sei giorni per arrivare al campo fisso, a Zeewolde, nel centro nord dell’Olanda.

Ed è qui che iniziò un’altra avventura: all’interno della Path le compagnie si divisero e si formarono patrol da 6/7 persone ognuna proveniente da uno stato diverso!

I giorni successivi furono davvero fantastici, facevamo tutto insieme, mangiare, dormire, cucinare, lavare. Imparammo a conoscerci e a capirci, scoprimmo che in fondo non siamo così diversi anche se veniamo da differenti parti del mondo e scoprimmo che le uniche cose che ci differenziavano erano forse la lingua parlata e i colori di una bandiera .

Grazie anche alle attività proposte ci confrontammo su mille temi diversi, dalla scuola alle tradizioni, dalle religioni alla politica e mi resi conto di quanto sono fortunato a vivere in Italia, anche con i nostri mille “problemi” di cui ci lamentiamo ogni giorno come se non esistesse niente altro di più importante.

Una cosa interessante che solo eventi come questi riescono ad insegnarti è il significato dell’essere un “cittadino del mondo”.

Mi spiego meglio: a volte prendendo una decisione pensiamo che quella sia la migliore possibile, scordandoci però che essa è influenzata dal nostro modo di vivere, dalle nostre tradizioni o dalla città e stato in cui viviamo; se si ragiona in questo modo in un gruppo di persone provenienti da diversi paesi è impossibile mettersi d’accordo!

Vivendo il Roverway abbiamo capito invece che approcciarsi con una mente più aperta e flessibile mettendo da parte l’orgoglio, ed essere sempre pronti all’ascolto, era l’unica soluzione per diventare veramente cittadini del mondo. Questo modo di relazionarsi tra di noi ha creato un legame di vera amicizia; riuscire a mettersi tutti d’accordo e vivere con entusiasmo il clima che avevamo creato ci faceva sentire forti e ci fece capire che il famoso “cambiamento” di cui tanto si parla agli scout alla fin fine non era poi cosi lontano: sentivamo che insieme potevamo toccarlo veramente.

Mi ricordo una frase che disse un mio amico Svizzero scherzando: “ How can the world stop us,  If we are the world?” (come può il mondo fermarci se noi siamo il mondo?).

Quei sei giorni ci hanno dato ricordi ed emozioni veramente uniche che difficilmente riuscirò a scordare e sono state, a mio parere, la parte più bella del campo.

Roverway a Zeewolde

Zeewolde era un altro paio di maniche.  

Prendete 4000 scout sbatteteli in una mega radura nel bosco (relativamente piccola) metteteci vicino  un lago e poi farcite il tutto con migliaia di tende e costruzioni pionieristiche da megalomani… ecco, questa è Zeewolde. Era la NOSTRA città, se si saliva abbastanza in alto sopra una  qualche costruzione si aveva proprio la sensazione di essere una formichina in mezzo ad un formicaio che non dormiva MAI!

Sia di notte che di giorno c’era gente ovunque che girava e veniva in stile grande mercato arabo; nei momenti “morti” (pranzo o cena) ai lati delle “vie” principali si trovavano banchetti allestiti con ciarpame di ogni genere e forma con all’interno la gente più strana e varia.

Inoltre ogni stato possedeva una propria tenda contenente tradizioni, storia, cibo e giochi del proprio paese, una tenda aperta a tutti coloro che volevano saperne di più. Insomma le possibilità di scoprire cose nuove erano dietro ogni angolo e come una puntata di una serie tv, arrivavi sempre a fine giornata con la voglia di vederne ancora e la sveglia del mattino era il momento più atteso per poi poter ricominciare!

La giornata tipo a Roverway

La “giornata tipo” al campo fisso non esisteva. Il territorio era diviso in zone (di qualche km quadrato), ognuna con un tema e con qualche centinaio di workshop da poter fare. In teoria c’era una sorta di calendario da seguire per fare le attività, che si svolgevano di compagnia (stavolta di provenienza, non internazionali), ma ciascuno era anche libero di poter girare da solo e andare nella zona che preferiva, ecco perché ogni giornata era differente e nuova!

Queste giornate al campo fisso furono importanti per un altro aspetto che ritengo fondamentale di questo Roverway, ovvero le compagnie FIS (quindi miste AGESCI e CNGEI). Ogni sera la nostra compagnia si ritagliava un’ora per stare da sola, dimenticando gli stereotipi che avevamo lasciato in Aeroporto a Bologna. L’obiettivo di quelle sere era cercare di conoscerci meglio, e soprattutto capire: la passione che provavamo per lo scautismo era la stessa, l’entusiasmo e la voglia erano uguali, cosa c’era di diverso allora?  Tra scherzi e risate e con l’aiuto di alcune letture spirituali proposte dal contingente imparammo a capirci ancora meglio ma soprattutto comprendemmo la ricchezza unica di livello spirituale che una compagnia FIS può creare, e può dare.

Quel momento la sera diventò una piccola magica routine, che ci unì e ci fece crescere un po’ di più tutti quanti. Tutto questa funzionava molto bene, la prova era il fatto che tutte le mattine, svegliarsi e avere le camicie differenti ci dava sempre più fastidio: risolvemmo il problema semplicemente scambiandocele e girando gli ultimi giorni di campo con l’uniforme opposta. Era l’unico modo per non sentirci più “diversi”!

L’ultima sera e il ritorno a casa in Italia

Ma come in tutte le più belle avventure arrivò l’ultimo giorno.  Tutto si concluse con una grande cerimonia sotto il palco principale dove suonò la Roverband (la band del campo) e ci stringemmo tutti e 4000 in un enorme abbraccio che, per un’istante, simboleggiò fisicamente il tema che era stato dato al Roverway:  “Opposites Attract”.

Divisi in grandi gruppi smontammo le tende e con gli occhi lucidi e zaini letteralmente più pieni di come eravamo partiti ci imbarcammo silenziosamente sugli autobus, che ci avrebbero portato ai nostri aeroporti. Eravamo tristi si, ma non tanto per la fine del campo, che sarebbe continuato ancora a lungo dentro di noi e nei nostri racconti una volta tornati a casa… eravamo tristi perché da quel momento in poi saremmo stati noi soli con un’avventura straordinaria da raccontare ma nessuno dei nostri “complici” con cui poterla ancora condividere.

Ci lasciammo con la promessa che ci saremmo rivisti, con la fortuna di aver fatto l’esperienza di una parte straordinaria dello scautismo e la piena consapevolezza di  cosa significasse essere un Rover.

 

Lorenzo Dell’Amico – Reggio Emilia 1, Compagnia del Kilt. Patrol FIS GoedeWeg

andrea.colombo

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